Il libro di Carlo Mannoni “Punta Giglio. Storia di una tutela mancata“, è un racconto, e come tutti i racconti ha i suoi personaggi. Personaggi che vorrei richiamare ad uno ad uno. Per evidenziare i moventi delle loro azioni e delle loro omissioni, già ben individuati da Mannoni, ma anche per un altro motivo: per delineare la cornice di senso comune dentro la quale quelle azioni e quelle omissioni si inscrivono. Credo che questa seconda cosa sia importante. Se non si vede infatti la cornice di senso comune dentro la quale sta tutta la vicenda di Punta Giglio si fa fatica a comprendere perché la battaglia per difendere la falesia sia stata persa e perché difficilmente avremmo potuto vincerla. Uso la nozione di senso comune come Antonio Gramsci la usa nei “Quaderni”. Senso comune è “l’opinione media di una società”, ovvero ciò che comunemente viene ritenuto vero e giusto. È nel senso comune che per Gramsci si solidifica, si storicizza, la nozione di egemonia. Se vuoi essere egemone, se vuoi essere forza guida di una società, di una nazione, devi essere capace di far diventare i tuoi valori senso comune, ovvero ciò che comunemente la gente crede.
Chi sono i personaggi del racconto di Carlo? Sono il Demanio, il Comune di Alghero, la cooperativa Il Quinto Elemento, la Soprintendenza, il Parco di Porto Conte. A parte Il Quinto Elemento, sono tutte articolazioni del nostro ordinamento statuale. Istituzioni.
1. Cominciamo dal Demanio. Il Demanio concede alla cooperativa Il Quinto Elemento un’area di 8 ettari sottoposta a severi vincoli paesaggistici e naturalistici. Lo fa attraverso un bando pubblico che si rifà al Decreto legge n. 83 del 2014, intitolato “Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo”. Attenzione alle parole. Tutela, ma anche Sviluppo e rilancio. Per togliere ogni dubbio su dove si vuole andare a parare, il bando specifica: “Gli immobili messi a gara saranno utilizzati attraverso nuovi usi caratterizzati per la vocazione turistico-ricettiva in un quadro di valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche”. Valorizzazione delle risorse culturali attraverso nuovi usi caratterizzati per la vocazione turistico-ricettiva. Questo dice il bando: la casermetta di Punta Giglio deve essere destinata a “nuovi usi caratterizzati per la vocazione turistico-ricettiva in un quadro di valorizzazione economica delle risorse culturali”. Non le dicono, queste cose, i soci del Quinto Elemento. Le dice lo Stato, che parla attraverso il Demanio in forza di un decreto poi convertito in legge (il 31 maggio del 2014). È evidente, insomma, che decreto e bando sono espressione di una scelta politica fondata sulla convinzione che la valorizzazione economica dei beni culturali sia un valore, una cosa giusta. Una cosa che è giusto fare, attraverso una legge dello Stato, nell’interesse collettivo. Agisce qui, attraverso la legge, un senso comune che esprime, nello specifico campo della gestione dei beni culturali, l’egemonia che il pensiero – l’ideologia – che vede nel mercato il regolatore supremo di ogni forma della vita associata è riuscito a stabilire, nel corso degli ultimi quarant’anni anni, sul corpo intero delle nostre società. Si afferma, cioè, una generale visione del mondo. Un inciso, ma importante. Quale presidente del consiglio siede a Palazzo Chigi quando il decreto legge viene proposto alle Camere dal governo? Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Partito Democratico. E quale ministro dei Beni culturali fa approvare dalle Camere il decreto n. 83 che ha come obiettivo dichiarato la valorizzazione economica dei beni culturali? Dario Franceschini, dirigente di primo piano del Pd. Renzi e Franceschini. C’è da stupirsi? No, perché il Pd è stato in Italia il principale veicolo dello sdoganamento a sinistra dell’ideologia che vede nel mercato l’unico regolatore della vita sociale.
2. Il Quinto Elemento. Che cosa fanno i soci della cooperativa? Partecipano alla gara. C’è una chance. Gliela fornisce una legge dello Stato e loro la colgono. Ci credono davvero, i soci della cooperativa Il Quinto Elemento, che valorizzare turisticamente un bene culturale sia una cosa giusta. Ci credono perché questo è il senso comune costruito negli anni da un fronte politico e culturale al quale aderiscono un presidente del Consiglio e segretario del partito di maggioranza, il ministro della Cultura e persino il sindaco della loro città, Giuseppe Sala, altro esponente Pd. I soci della cooperativa Il Quinto Elemento sono in buona fede. Agiscono nella convinzione che valorizzare turisticamente un bene comune sia non solo lecito per loro “imprenditori sociali”, ma un’azione che va in direzione dell’interesse collettivo.
3. Il Comune di Alghero. Il 17 luglio 2017 il sindaco di Alghero, Mario Bruno (Pd), firma il protocollo di intesa con il Demanio. Bruno conosce perfettamente sia i contenuti del bando sia il testo del decreto legge n. 83. Sa perfettamente che la sua firma serve a fare andare avanti un’operazione di valorizzazione turistica di Punta Giglio. Se firma è perché crede nella bontà di quella operazione. Crede cioè che nel ricavare reddito dalla gestione turistica di un bene culturale non ci sia niente di male; e che invece, al contrario, sia un’operazione che viene fatta nell’interesse collettivo. Ci crede davvero, Bruno, che lui sta facendo l’interesse collettivo. Anche lui catturato, come i soci della cooperativa Il Quint Elemento, dal senso comune che Renzi e Franceschini hanno trasformato in legge dello Stato.
4. La Soprintendenza. Svolge un ruolo decisivo. Come mostrano in maniera lampante le pagine del libro di Carlo Mannoni, non lo scrivono loro, i tecnici della Soprintendenza, il piano di gestione di Punta Giglio presentato dal Quinto Elemento, ma certamente lo suggeriscono in larghissima misura. La ratio che guida la Soprintendenza è tutta tecnica. Il piano della cooperativa deve stare dentro le normative vigenti. “Io vi dico – dice la Soprintendenza – come dovete fare perché tutto sia, dal punto di vista normativo, perfettamente in regola”. In nessun momento alla Soprintendenza viene in mente di mettere in discussione il nocciolo della questione: cioè l’uso a fini di valorizzazione turistica di un bene comune. Ma perché mai ai tecnici della Soprintendenza questa cosa avrebbe dovuto venire in mente, se aderiscono, come aderiscono, allo stesso identico senso comune secondo cui si muovono Renzi, Franceschini, Sala, Bruno e i soci del Quinto Elemento?
5. Il Parco. Purtroppo in questo caso le parole da spendere sono davvero poche. La dirigenza del Parco di Porto Conte ha fatto propria la linea della valorizzazione turistica di Punta Giglio in maniera imbarazzante. Nel caso dei dirigenti del Parco il senso comune che vede i beni culturali come un fattore produttivo si manifesta senza mediazioni.
A questi cinque personaggi ne aggiungerei un sesto: la stampa, quasi tutta schierata con Il Quinto elemento sin dall’inizio della storia. E non solo per decisione dei direttori o dei vertici aziendali delle diverse testate, ma anche per intimo convincimento della stragrande maggioranza dei singoli redattori, convinti che la valorizzazione turistica dei beni comuni sia una cosa giusta, da fare per il bene di tutti. Anche qui: senso comune inscalfibile.
Sei personaggi, dunque. Sei personaggi in cerca d’autore, verrebbe da dire. Al contrario del dramma pirandelliano, però, qui i sei personaggi un autore, come abbiamo visto, ce l’hanno sin dall’inizio. Esso è il sistema di valori ormai diventato egemone, il senso comune che vede nei beni culturali nient’altro che un fattore produttivo. Tutti i personaggi della storia raccontata da Carlo si sono mossi guidati da questo senso comune. In buona fede. Del resto, anche quando si lapida un’adultera si può essere in buona fede, perfettamente in pace con se stessi, se si crede in un sistema di valori accettato da tutti, egemone, che sancisce come una cosa giusta la cosa orrenda che è invece la lapidazione. Dal 2017 ad oggi abbiamo avuto a che fare con una nutrita e qualificata schiera di lapidatori di Punta Giglio, tutti convinti di fare la cosa giusta. Hanno fatto la cosa sbagliata, ma sbagliata dal punto di vista di un codice di valori che nelle nostre società è oggi minoritario. Maggioritario invece, senso comune diffuso, è il punto di vista di chi Punta Giglio vuole valorizzarla turisticamente. Ecco perché è così difficile battersi. Ed ecco perché, se davvero si vogliono salvare i tanti altri paradisi naturalistici pronti ad essere sacrificati, contrastare l’egemonia del pensiero produttivista che governa il mondo è decisivo almeno quanto l’impegno a svelare e a denunciare le tante incredibili anomalie giuridico-amministrative che hanno caratterizzato la storia di Punta Giglio. Il campo del conflitto è politico e culturale. Se davvero si vuole vincere, bisogna battersi perché, contro lo spirito del mercato, i valori in base ai quali la comunità di Alghero difende la sua meravigliosa falesia diventino senso comune.